Il tema della durabilità dei pavimenti è tornato fortunatamente in auge, ma c’è ancora molta confusione sull’argomento.
Nonostante il mercato sembra aver compreso che avere un pavimento durevole è un investimento, non è ancora molto chiaro cosa renda un pavimento duraturo.
Perchè parliamo di investimento? Perchè il pavimento è l’ elemento maggiormente sottoposto all’usura di uno stabile ed è fisiologico che nel tempo perda le sue prestazioni. E quando queste si scendono sotto una certa soglia, vanno ripristinate per non inficiare la produttività. Il ripristino però è sempre difficile, costoso e richiede tempo ( e a volte il fermo delle attività), e per questo avere un pavimento duraturo è la strategia giusta per “non pensarci più”.
Tuttavia, c’è un’immensa confusione su quali siano le caratteristiche che rendono un pavimento duraturo. Spesso anche i professionisti si focalizzano su aspetti che, per quanto importanti, non caratterizzano la durabilità di un pavimento. E’ infatti diffuso – anche grazie ad un marketing poco chiara- un bias cognitivo che confonde la durabilità di un pavimento con la mancanza di difetti. Questi due elementi sono correlati ma non sono la stessa cosa: un pavimento può non aver alcun difetto ed essere poco durevole. Semplicemente non è stato pensato per essere durevole.
la durabilità non è un incognita: viene definita in sede progettuale, e riguarda lo strato d’usura. Questa è l’elemento che definisce la durabilità del pavimento.
Questa frase può sembrare un pò fuori dal coro, ma vi invito a ragionarci assieme.
cos’è la durabilità?
La durabilità di un pavimento può essere definita in funzione del “tempo di vita utile”, ossia il tempo che trascorre dalla consegna al momento in cui, a causa delle sue condizioni, lo svolgimento delle attività previste nella costruzione sarà inficiato. Ovviamente uno stesso danno può risultare deleterio per alcune attività – pensiamo alle logistiche o alle industrie alimentari- e meno impattante per altre – pensiamo ad un officina meccanica-. Tuttavia, man mano che il degrado aumenta si si arriverà ad un momento in cui sarà necessario un ripristino, o nel peggiore dei casi una demolizione.
Definire la vita utile di un pavimento industriale
La vita utile di un pavimento industriale deve essere lunga, molto lunga. Infatti il concetto stesso di “Pavimento industriale”, implica un manufatto studiato appositamente in base alla destinazione d’uso prevista. Uno strumento progettato per essere funzionale per un lungo periodo di tempo senza manutenzione. Perchè la manutenzione, come vedremo ha costi molto alti, non tanto per gli interventi in se, ma per il fermo delle lavorazioni.
Ma come si valuta la vita utile di un pavimento? E cosa è il pavimento?
Il pavimento è l’unione di due elementi: la piastra portante e lo strato di finitura. Spesso, sopratutto nei pavimenti in cemento, si tende a confondere il pavimento con la sola piastra. Ma la durata del “pavimento” non è la stessa della piastra; sono due cose diverse. La durata del pavimento è dovuta allo strato di finitura. Pensiamo ad un pavimento civile. Quando chiediamo al posatore quanto durerà il parquet del soggiorno, non ci interessa sapere che il massetto sottostante durerà decine di anni senza manutenzione. Ci interessa la finitura.
Sui pavimenti industriali lo strato di finitura si chiama strato d’usura – o più propriamente strato anti-usura-, perchè non viene applicato per meri “fini estetici” – che possono comunque essere presenti – ma per garantire la durabilità nel tempo della piastra sottostante.
La pratica
Al di la dei termini tecnici, possiamo arrivarci anche riflettendo sulle pratiche di ripristino. Quando andiamo a ripristinare un pavimento industriale con un’intervengo n resina cosa stiamo facendo? Stiamo ripristinando lo strato d’usura. Se dovessimo sostituire la piastra dovremmo demolire il pavimento, togliere i ferri di armatura. per andare a ricostruire la piastra magari per un cedimento strutturale o un fenomeni di Curling. Ma nel 90% andremo a preparare meccanicamente il fondo e applicare un nuovo strato d’usura. Se infatti la piastra è ben realizzata, durerà molto molto a lungo. Ma perchè la piastra va protetta?
In genere uno strato d’usura
Perchè la piastra va protetta?
Perchè il Calcestruzzo – che viene utilizzato nel 99,9% dei casi- è un materiale piuttosto morbido ed è facilmente soggetto all’abrasione per attrito. Ed i pavimenti sono soggetti ad abrasione continua ed al danneggiamento. Ogni giorno è soggetto a fonte di attriti volventi e radenti, ma anche a danneggiamenti incidentali – cadute di materiali, trascinamenti- , aggressione chimica – acidi, basi, aggregati- o termica. Certo, ogni manufatto in CLS ha questi problema, ma il pavimento è un’eccezione perchè è continuamente soggetto a questo stress, per tutta la durata della sua vita.
La piastra va quindi protetta, ed il tempo utile di vita del pavimento è direttamente proporzionale alla qualità dello strato d’usura.

Per comprendere come funzioni il consumo del pavimento, si possono osservare le scale di edifici che abbiamo qualche secolo ma non sottoposti a traffico molto inteso come in questo caso. Possiamo capire che il traffico pedonale non è stato intenso perchè il consumo non è uniformante distribuito – particolare che ci permette di notare il fenomeno-. Nel caso in questione siamo di fronte ad un marmo di Carrara con venature ( 3,5 durezza Mohs) la forma della scala costringe i passanti a preferire il percorso più esterno.
Due sono le conclusioni che ne possiamo trarre. La prima è che anche un traffico pedonale leggero e discontinuo consuma il pavimento.
La seconda è che questo consumo sarà molto più marcato nelle aree di passaggio obbligato ( Corsie, corridoi, collegamenti, ingressi, baie di carico)
La durabilità si sceglie nella fase progettuale
Progettiamo la piastra…
Dunque se la durata del pavimento è direttamente proporzionale alla qualità dello stato d’usura, la durabilità dei pavimenti non deriva da “regole di buona pratica” o procedure da seguire. Viene definita in fase progettuale sulla base della destinazione d’uso.
Sia chiaro però che le regole di buona pratica e le procedure ci sono e vanno rispettate. Un pavimento per essere duraturo dev’essere prima accuratamente progettato. Bisogna tenere conto della portata del sottofondo, calcolata sulla base del modulo di Winkler, e dei carichi previsti. La piastra dev’essere accuratamente dimensionata, armata secondo progetto con un’armatura tradizionale o fribroarmato. La messa in opera dev’essere ben realizzata, il CLS dev’essere gettato e steso con i giusti accorgimenti, si devono tagliare i giunti nei giusti tempi e con i giusti modi. Non seguire queste procedure significa consegnare un pavimento difettoso.
.. E Poi definiamo la vita utile del pavimento
Un pavimento difettoso non è un pavimento durevole. Non ci sono dubbi a riguardo. E’ quindi tutto giustissimo.
Ma immaginiamo di aver fatto un buon pavimento, senza difetti e di consegnarlo al cliente. Questo lo rende duraturo? No. Perchè un buon pavimento, funzionale si consumerà nel tempo e si ammalorerà perchè quello è il suo lavoro. Come un motore di un automobile che dopo centinaia di migliaia di km non avrà più le stesse prestazioni che aveva uscito dalla fabbrica.
Ma esattamente come nel caso dei motori, i progettisti possono scegliere materiali e tecnologie per poterne aumentare la vita media. Nel caso dei pavimenti questo viene fatto studiando lo strato d’usura che è lo strato che protegge il pavimento.
Quando il progettista sceglie lo “strato d’usura” di fatto sceglie quanto durerà la pavimentazione.
Migliore è lo strato d’usura, più duraturo sarà il pavimento, sempre che questo non abbia, come abbiamo detto, dei difetti pregressi. E lo strato d’usura va commisurato alla Destinazione d’uso, quindi al traffico, alla movimentazione, ai carichi, al lavoro che si prevede di fare sulla sua superficie. Si perchè oltre all’usura meccanica esistono altre tipologie di usura: Chimica, termica, ambientale.
Tenendo conto anche della manutenzione
La direttiva del CNR implementata nelle norme NTC2018 inserisce un’interessante novità: il piano di manutenzione. Il progettista non è tenuto ad indicare uno strato d’usura che duri per forza 40-50 anni – è possibile realizzarli tranquillamente – ma è tenuto ad indicare la durata dello strato d’usura ed il suo eventuale piano di ripristino. Può quindi prevedere uno strato d’usura meno performante, ma deve inserire il suo ripristino nel piano di manutenzione. Quindi l’indicazione della durata del pavimento non è solo un dovere del progettista, ma anche un obbligo.
Per approfondire : Lo strato d’usura
Lo strato d’usura
Ci sono fondamentalmente due modi per realizzare uno strato d’usura su una piastra in CLS. Il primo, ed il più comune,. è quello di creare uno strato protettivo molto resistente, tipicamente superiore a 7 sulla scala mohs che funzioni da corazza. Per realizzare questo strato si utilizzano un legante, che può essere cementizio, resinilico o combinato e del materiale durissimo in forma di aggregati o sabbia se il legame è cementizio o di cariche se il legante è base di resina.
Un’altro metodo, che può essere utilizzato in modo complementare al primo, prevede l’indurimento superficiale del CLS con sistemi meccanici o chimici come nel caso dell’uso dei silicati, del vacum concrete o altri sistemi meccanici. Generalmente però i risultati ottenuti con questo sistema hanno performance inferiori rispetto ad un “buon strato d’usura corazzato”. Il fatto che spesso un trattamento indurente si dimostri sul campo più efficiente di alcuni strati d’usura venduti sul mercato ci dovrebbe far riflettere!
Ma si può fare a meno dello strato d’usura? In certi casi si.V rimandiamo all’articolo.
Le caratteristiche dello strato d’usura.
Le caratteristiche di uno strato d’usura
- Lo Spessore
- La Resistenza
Lo spessore
E’ piuttosto intuitivo dire che maggiore è lo spessore dello strato d’usura, maggiore sarà la durabilità del pavimento. Uno strato più spesso, a parità di resistenza, si consumerà in un tempo maggiore. E’ piuttosto semplice. Ma, ovviamente, nella pratica non è sempre così semplice individuare lo spessore. Lo spessore è infatti legato al sistema applicativo. Volendo cercare di semplificare al massimo, possiamo definire due tipologie di applicazione. La prima prevede la stesura del legante sulla superficie su cui poi gettare l’indurente, la seconda la creazione di una malta di legante ed indurente che viene applicata sulla superficie. Nel primo caso – in cui rientrano sistemi fresco su fresco in cemento come lo spolvero e sistemi resinilici come i multistrati- è più difficile controllare lo spessore, che viene definito sulla base del materiale utilizzato. Nel secondo caso, in cui rientrano pastine in cemento, epossicemento, Poliuretano cemento e tutti i massetti in resina si pò definire lo spessore in fase progettuale. Ognuno dei sue sistemi a pro e contro che vedremo in altri articoli.
La resistenza
Ancor più complicato è la verifica della resistenza. Scegliere aggregati più duri implica avere un pavimento più resistente all’usura e quindi più duraturo. Una maggiore resistenza superficiale significa una maggiore resistenza all’abrasione. la durezza dello strato d’usura che viene misurato in vari modi. Anche in questo caso viene incontro NTC che stabilisce la caratteristica dello strato antiusura mediante la prova BCA che può essere fatta anche sul pavimento in opera. Il risultato è un coefficiente di resistenza all’Abrasione che prende il nome di AR. Ci sono anche altre prove che si possono fare per garantire la durezza dello strato d’usura come il Tribometro che è una prova di durabilità, e lo sclerometro che indica la durezza superficiale.
Cosa contribuisce ad aumentare la resistenza? Ovviamente il materiale indurente utilizzato, ma non solo. Ma, man mano che cerchiamo resistenze specifiche più alte, diventa importante anche la qualità del legante. Se il legante non è resistente, il materiale indurente tenderà a “saltare”, mentre il suo compito è di rimanere in loco ed offrire protezione. E’ anche importante conoscere le tecniche di applicazione, i loro vantaggi ed i loro limiti.
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